Eugenio Giani

I numeri non mentono


10 note di metodo e tecnica sulla campagna presidenziale di Eugenio Giani in Toscana (e sul risultato di Joe Biden negli USA)

Dopo una vittoria elettorale, tanti consulenti cedono alla tentazione di descrivere ogni scelta di comunicazione come funzionale al risultato.
Così si propaga da decenni la leggenda della consulenza politica, un sistema di credenze approssimative che devia regolarmente l’attenzione pubblica verso operazioni frivole e meriti intuitivi, a scapito delle causalità ben più articolate che conducono al successo.

Abbiamo quindi atteso un mese e mezzo, e anche la vittoria di Joe Biden, prima di scrivere questo articolo.
Un mese e mezzo dalla conclusione del nostro lavoro accanto al candidato presidente della Toscana Eugenio Giani, per il quale, in sintonia con il suo staff, abbiamo lavorato a strategia generale e visiva, coordinamento, pianificazione e advertising digitale.

Ci sono similitudini tra voto toscano e voto negli Stati Uniti? Sì, ci sono, soprattutto se osserviamo il dibattito pubblico che si è sviluppato attorno a questi due eventi.
Ecco perché alcune delle 10 note di metodo e di tecnica sulla campagna di Giani, elencate qui sotto, riguardano anche il racconto che in troppi hanno voluto fare della corsa USA.

I numeri non mentono

1. I numeri non mentono

Nel corso dell’intera campagna elettorale toscana abbiamo osservato con diffidenza, e con la fisiologica apprensione di chi è in mezzo alle cose, le tavole degli altri istituti di ricerca che assegnavano una distanza sempre più ridotta tra Eugenio Giani e la sua avversaria, la candidata presidente del centrodestra Susanna Ceccardi.
Una diffidenza che si è però trasformata in sospetto quando la spirale del silenzio, che talvolta accomuna sondaggisti, ceto politico e media, ha iniziato a sopprimere i dati confermativi della vittoria di Giani e a far emergere addirittura un’improbabile intersezione al ribasso tra la sua curva e quella della sua avversaria.

Si tratta di una condizione simile a quella che, nei giorni antecedenti lo spoglio soprattutto, ha visto l’altissima probabilità di successo di Biden messa ripetutamente in discussione in ragione di elementi incidentali di cronaca, della parzialità dello spoglio e, più in generale, del pensiero magico secondo il quale qualunque esito elettorale possa davvero essere rovesciato a prescindere dalle reali probabilità che ciò accada.

Eppure il voto non funziona mai così. I numeri non mentono.
Alle volte succede, infatti, che esista una varietà di elementi di conforto che alzano così significativamente le probabilità di vittoria di un candidato da rendere particolarmente improbabile la vittoria del suo avversario.
Biden disponeva di un numero talmente ampio di combinazioni vincenti nei risultati dei singoli Stati da disporre, appunto, di quell’89% di probabilità di vittoria proiettato da Nate Silver.
Allo stesso modo, era altamente improbabile che, soprattutto con il lavoro di targeting in corso e in programma sui centri di voto più rilevanti, il risultato di Giani potesse scendere così tanto da intersecarsi con quello di Ceccardi.
Ci eravamo dati un obiettivo di 800.000 elettori per mettere la partita in sicurezza: Eugenio, un politico solido e un amministratore straordinariamente preparato, ne ha portati a casa oltre 860.000.

Restiamo, però, sui sondaggi e approfondiamo.
L’idea che il risultato delle elezioni toscane potesse essere in bilico si fondava principalmente sulle rilevazioni delle intenzioni di voto e sull’exploit del centrodestra alle elezioni europee 2019.
Questi argomenti ignoravano almeno due aspetti nodali:

  1. gli stessi sondaggi che segnalavano una ridotta distanza tra i candidati mostravano anche un gradimento elevato per l’amministrazione toscana uscente, un dato che tende ad essere soggetto a molta meno volatilità rispetto alle intenzioni di voto e che ci ricorda anche quanto Trump fosse un presidente con un saldo di popolarità costantemente negativo fin dal suo insediamento.
  2. nonostante il grande risultato del centrodestra in Toscana alle Europee, gli stessi elettori avevano anche votato per i primi turni delle elezioni amministrative in molti comuni premiando spesso i candidati del centrosinistra, a partire da Prato e Firenze. Attenzione: i primi turni delle Comunali sono strutturalmente più simili alle Regionali, con candidati sostenuti da più liste, preferenze, possibilità di voto disgiunto. Anche nel caso delle elezioni in Emilia-Romagna il voto ai sindaci era stato più predittivo dei risultati delle Regionali di quanto non fosse stato il voto delle Europee. E, similmente, le Midterm americane avevano premiato i Democratici.

Entrambi questi elementi suggeriscono che, se da un lato il risultato della Lega alle Europee era stato probabilmente anomalo, con valori insostenibili nel tempo, come mostrato anche dai sondaggi nazionali dell’ultimo anno, dall’altro il centrosinistra è stato in grado di capitalizzare la popolarità delle amministrazioni uscenti sia a livello comunale che regionale piuttosto che basarsi soltanto su un voto di pura tradizione. Un voto che, fra l’altro, era spesso stato insufficiente nei cicli elettorali tra il 2016 e il 2019.
Per quanto riguarda i risultati, i valori dell’affluenza sono stati in linea con la distribuzione tradizionale: considerando per ogni comune la differenza tra l’affluenza comunale e quella regionale, i valori delle Regionali 2020 sono complessivamente in linea con la media della differenza tra l’affluenza comunale e il valore regionale nei cicli elettorali 2013-2019.
Ancora una volta, i numeri non mentono.

“Perché dovrei votarti?”

2. “Perché dovrei votarti?”

Uno dei limiti a monte della candidatura di Susanna Ceccardi contro Eugenio Giani stava in una domanda che media e politici generalmente non si pongono: perché i toscani avrebbero dovuto sceglierla?
Quella risposta, che nessuno era in grado di fornire e che condannava Ceccardi a una corsa decisamente più sottotono, è arrivata con puntualità da un sistema politico sovraesposto alle intenzioni di voto: la contendibilità.
Ecco che, nel giro di un paio di interviste e qualche comunicato, per i media locali e nazionali c’era finalmente qualcosa da scrivere sulla Toscana e per gli elettori del centrodestra una missione nella quale credere e per la quale mobilitarsi.

La tesi che il centrodestra potesse vincere in Toscana è stata infatti la benzina degli ultimi due mesi di corsa della candidata della Lega.
Una situazione non dissimile dalle giornate dello spoglio USA, quando ha preso corpo il sospetto privo di fondamento che davvero Trump stesse riconquistando la presidenza, ma molto diversa nella tempistica: in Toscana l’idea che Ceccardi potesse davvero rovesciare i pronostici si è diffusa in piena campagna elettorale.
E infatti la candidata del centrodestra si è portata a casa il più alto numero di voti delle ultime quattro tornate regionali, superando le prestazioni d’area del 2015, del 2010 e anche del 2005.
È quindi difficile parlare della paura dell’arrivo del centrodestra come fattore risolutivo in Toscana, quando si tratta anche e soprattutto dell’elemento che ha reso più competitiva la corsa dell’avversaria di Giani.

Awareness, accountability, electability

3. Awareness, accountability, electability

Se Susanna Ceccardi presentava una fragilità nella risposta alla domanda “Perché dovrei votarti?”, bisogna dire che invece, lato Giani, avevamo le idee chiare e un ottimo materiale di partenza, nonostante la vague contemporanea fuorviante che vuole avvantaggiati i candidati giovani e con una robusta dotazione di fan Facebook.
A inizio campagna Giani, classe 1959, aveva una Pagina di circa 16.000 Fan contro i circa 90.000 della sua avversaria trentatreenne.
Parimenti, la Pagina Facebook di Trump ne aveva 31 milioni contro i neanche 5 attuali del neo-presidente democratico.
Il consenso, però, non si organizza sulla base di questi aspetti.

Se un limite autentico c’era è che Giani non fosse un governatore uscente.
Era alla prima candidatura, dopo 5 anni da presidente del Consiglio regionale e un lungo percorso da amministratore locale in area fiorentina.
Salvo problemi di popolarità, come nel caso di Trump, gli uscenti sono generalmente avvantaggiati dalla combinazione di una notorietà spesso universale e dal fatto di aver già raccolto, con il voto precedente, un legame di investimento diretto da parte degli elettori.

Questa condizione avvicinava i piani tra lui e Ceccardi in una corsa che avrebbe richiesto a entrambi, nel tempo di una campagna, di acquisire awareness, accountability ed electability, le tre dimensioni necessarie a una corsa vincente.

Il Presidentone

4. Il Presidentone

Sappiamo che nel corso di una settimana gli elettori dedicano pochi minuti di attenzione attiva alla politica nazionale ed è intuitivo considerare che riservino ancora meno tempo a quella regionale.
Formano la propria opinione raccogliendo elementi in modo discontinuo e tardivo ed è quindi fondamentale far emergere solo pochi tratti d’immagine di un candidato, purché pertinenti e ricorrenti.
L’approccio che infatti teniamo, e difendiamo con ogni cliente, è quello ben sintetizzato da James Carville con il trinomio Semplicità-Rilevanza-Ripetizione.
Un candidato può pubblicare decine di post al giorno e inondare di denaro la campagna elettorale, ma, finché non fornirà una risposta alla domanda sul perché bisognerebbe votarlo e non si darà un ordine nella somministrazione dei messaggi, quel candidato sarà perdente.
E, se non lo sarà materialmente in virtù delle tante variabili che incidono nel voto, quantomeno lo diventerà tecnicamente.

Noi abbiamo investito da subito nei tratti spontanei di Eugenio Giani che meglio si sovrapponevano a quelli del presidente ideale: serietà e competenza, trasferibili in modo intuitivo attraverso l’immagine del “Presidentone”, un uomo delle istituzioni, solido, sorridente e dialogante. Gli stessi tratti che, nel bouquet di Susanna Ceccardi, risultavano meno consolidati in virtù della giovane età, dell’estrazione politica e della sua storia di uscite mediatiche fuori dalle righe. La ragione per votare Giani c’era, nell’immagine e nel messaggio, ed era quanto di più importante avessimo a disposizione.

Anche Joe Biden aveva una reason why fondamentale, che collimava con un tratto determinante: non essere Donald Trump, un presidente noto in modo universale, impopolare e polarizzante.

The hockey stick

5. The hockey stick

Un candidato dai tratti d’immagine solidi come Giani e una comunicazione strategicamente sapida e intensificata in coda alla corsa avrebbero avuto il potenziale, come la nostra esperienza ci insegna, di trasformare in voto effettivo una parte robusta della semplice propensione rinvenibile nell’elettorato progressista extra-PD.
Al tempo stesso, senza l’idea della contendibilità in campo, avremmo aperto il divario attraverso una dissuasione attiva degli elettori del centrodestra meno motivati a fronte dell’impossibilità di una vittoria di Ceccardi.

La minaccia del ribaltamento ci ha invece costretti a un adattamento soprattutto nell’uso delle risorse e a investire di più sulla sola mobilitazione, adottando un modello di spesa a mazza da hockey (la mazza è lunga, piatta, ma con una curva verso l’alto nel tratto terminale, quello che colpisce il dischetto) molto più accentuato del previsto, con l’80% circa del budget media disponibile speso negli ultimi 14 giorni su media tradizionali che coprivano i territori da mobilitare più robustamente e, attraverso il digitale, su segmenti di elettorato frutto dell’intersezione tra

  1. il potenziale elettorale dei singoli comuni per la conquista di una soglia di sicurezza assoluta che avevamo fissato in approssimativamente 800.000 voti;
  2. le caratteristiche ricorrenti nei sostenitori digitali di Giani, richiamate attraverso gli strumenti di calcolo messi a disposizione prevalentemente dai cruscotti inserzioni di Facebook e Google.

Attenzione, anche in questo caso una similitudine con gli USA sembra esserci: una concentrazione della spesa in chiusura, a fronte della necessità, invece, di Trump di tagliare la copertura in determinati Stati proprio nelle settimane conclusive.

Le mappe del voto

6. Le mappe del voto

In un’elezione locale, con un’affluenza mediamente più bassa che in un’elezione nazionale, il primo obiettivo è mobilitare

  1. il pubblico d’appartenenza, l’elettorato che si presenta regolarmente e convintamente alle urne e al quale si può chiedere di darsi il ruolo attivo di coinvolgere altri elettori nel corso della campagna;
  2. i leaners, gli elettori potenziali che propendono per il candidato e, tra questi, coloro che hanno partecipato al voto nelle tornate elettorali precedenti.

In Momentum, da sempre, ricorriamo a mappe del voto elaborate internamente e, ove i livelli organizzativi lo consentono, a prodotti anche molto più granulari, che ci hanno portato, nelle corse dei candidati consiglieri europei e regionali, a dimezzare il costo per risultato di operazioni digitali e, alle Amministrative, di restringere così puntualmente le operazioni di targeting da non sollecitare gli elettori avversari.

Sulla dimensione regionale, con una capacità di spesa commisurata alla stagione post-Covid e al giusto senso di sobrietà dei nostri compagni di viaggio, già distribuire l’impegno economico in maniera ordinata e con un indice di spesa puntuale per ogni singolo comune significava poter misurare i ritorni potenziali delle iniziative pubbliche e distribuire inserzioni con la certezza di un rapporto sforzo/risultato pagante.

Il resto lo avrebbe fatto la capacità di calcolo dei cruscotti inserzione delle piattaforme digitali, nel ricreare audience coerenti con i nostri obiettivi.
Non solo: le mappe ci hanno permesso di praticare correlazioni tra affluenza e obiettivi di risultato comune per comune nelle giornate del voto del 20 e 21 settembre e di sollecitare così, a urne aperte, i singoli territori ad attivarsi ove vedessimo una partecipazione non ottimale.

I pubblici e la <em>weak AI</em>

7. I pubblici e la weak AI

Se si parla di digitale, però, il primo tema da smarcare è quello dei fan di Facebook, che richiama da anni le speculazioni speculazioni dei media: sono numeri di debole portato elettorale e che rientrano nel campo delle vanity metrics, la cui funzione in politica è prevalentemente quella di offrire un’immagine di dinamismo al circolo ristretto dei commentatori.
Non sono mai predittivi del risultato finale, oltre a una limitata funzionalità tecnica nelle corse dei candidati apicali che devono richiamare enormi volumi di voto.

Se, per esempio, anziché osservare le differenze tra i volumi di ricerca Google sui candidati negli ultimi giorni, che segnavano un sorpasso del candidato di centrosinistra sulla sua avversaria, ci si basa sul braccio di ferro tra Likers, allora si rischia di prendere una cantonata colossale. Come appunto è successo.

Pur conservandosi un distacco immateriale tra una candidata influencer nazionale come Susanna Ceccardi e il runner delle iniziative pubbliche Eugenio Giani, il nostro lavoro sulla piattaforma di Zuckerberg ha prodotto un accorciamento delle distanze per un indicatore tecnicamente più utile e interessante: le interazioni, che abbiamo fatto crescere di oltre il duemila per cento.

CANDIDATO PERIODO FAN FACEBOOK INTERAZIONI / SETTIMANA
Eugenio Giani Fine marzo ~16.000 22.300
Ultima settimana ~35.000 520.000
Saldo +119% +2.232%
Susanna Ceccardi Fine marzo ~90.000 311.300
Ultima settimana ~130.000 780.000
Saldo +44% +151%

Come abbiamo lavorato, quindi, sul digitale?
Abbiamo...

  1. investito l’importo minimo indispensabile, definendo un costo limite, nella crescita dei Fan della Pagina di Eugenio Giani per raggiungere la soglia psicologica dei 30.000. Questo, con l’idea che ci sarebbe stata una crescita autonoma fino a circa 40.000 sotto voto.
    Mentre nel pre-campagna Ceccardi investiva per aumentare la propria base alla ricerca di Likers anche fuori dai confini regionali (sia per vanity metrics che, immaginiamo, con l’obiettivo di istituire una bolla anche esterna ai confini, ma che agisse poi pressione sulla Toscana), noi abbiamo preferito fare uso di questo piccolo capitolo di spesa per condurre test utili a raccogliere informazioni di valenza generale, mirando sempre e soltanto ai cittadini toscani;
  2. lasciato che il candidato proseguisse con un uso totalmente personale di Instagram in una sorta di presa diretta della campagna, sfruttando invece, noi, questo social esclusivamente come propaggine del nostro sistema di inserzioni;
  3. usato una parte importante del budget per erogare inserzioni esplorative Facebook sui 75 comuni che avrebbero prodotto il 75% circa del risultato vincente di Giani. Lo abbiamo fatto sia per testare messaggi che, sfruttando la durata del lockdown e con un budget minimo per singolo post, per creare pubblici di reazione e riprodurli;
  4. coinvolto alcuni giovani attivisti molto capaci per ordinare e organizzare le risposte alle migliaia di sollecitazioni che i canali digitali del candidato richiamavano;
  5. sfruttato la capacità di calcolo di Facebook/Instagram e di Google per, a partire dai dati prodotti dagli utenti coinvolti, ricreare un pubblico bersaglio che su Facebook è arrivato a poco più di 800.000 elettori toscani con altissima probabilità di essere sostenitori effettivi o potenziali di Giani.

Attenzione! Riteniamo solo un caso il fatto che Eugenio si sia portato a casa la vittoria con un numero di schede (poco più di 860.000) simile all’estensione di quel pubblico digitale.
Data l’età media elevata del voto di centrosinistra, non tutti i suoi elettori saranno stati raggiunti dalle 20 visualizzazioni medie erogate per ciascun utente in target nelle ultime due settimane con la sola piattaforma Facebook/Instagram (circa 20 milioni di impressions), e lo stesso vale per le operazioni condotte con la banneristica su Google Network e gli spot video su YouTube, anch’essi su target con ottimizzazione iterativa.

Il pull e la cache

8. Il pull e la cache

Pull. In questa parola si concentra una delle principali differenze (forse anche di esperienza diretta sul campo) tra la nostra conduzione tecnica e quella di Susanna Ceccardi, alla quale, assieme al suo staff, va comunque il merito di una campagna ben condotta:

  1. il sito ufficiale della candidatura susannaceccardi.it si è posizionato piuttosto tardivamente nella Search Engine Result Page di Google, mentre il sito di Giani era già in pagina 1 da alcuni mesi e pronto ad accogliere le decine di migliaia di utenti che si sarebbero informati attivamente su di lui nelle ultime settimane, anche senza necessità di Annunci Search, comunque adottati per creare ridondanza;
  2. le istruzioni di voto: abbiamo condotto inserzioni digitali sulle modalità del voto sia in push che in pull.
    Lato nostro, ci siamo avvantaggiati di una pagina leggera ed esplorabile. Grazie ad anni di sperimentazione dedicata sulla User Experience di quel contenuto specifico, siamo riusciti a trasferire a decine di migliaia di utenti nello spazio di due swipe alcuni elementi fondamentali: l’impossibilità di un ballottaggio (così da spingere per il voto secco e ridurre l’indecisione), i tratti forti di Giani e quelli deboli di Ceccardi, la piena sicurezza del voto dal punto di vista sanitario.

Riguardo alla progettazione del sito internet, abbiamo optato per una soluzione mirata alla rapidità di fruizione. Pensato per essere inizialmente un sito dinamico, con una parte relativa alle notizie e all’agenda del candidato, abbiamo successivamente deciso di trasformarlo, lasciando solo le informazioni essenziali. Ottimizzando le risorse, il sito è risultato leggerissimo, permettendoci di ottenere due risultati importanti: un caricamento estremamente veloce, anche da cellulare, ed un utilizzo di banda irrisorio per il server, rendendo possibile fino a centinaia di connessioni simultanee e decine di migliaia in scala giornaliera.

I contenuti digitali

9. I contenuti digitali

Che le elezioni si possano vincere sollevando lo sdegno verso gli immigrati e in assenza di politica è un assunto fuorviante.
Non solo perché il tema immigrazione, sotto lockdown, ha subito una flessione di interesse al subentrare di altre priorità, ma perché il clima d’opinione è una cosa, al pari dei tentativi improbabili di guidarlo, mentre un’altra è il consenso verso il candidato. Questo, che determina la scelta di voto, viene generato dai suoi tratti personali e dalla puntualità con la quale si ritiene che l’uomo o la donna in corsa sia capace di rispondere ai bisogni del periodo.
Per questo, sul fronte digitale, abbiamo creato e investito, nell’ordine, in

  1. una matrice di dichiarazioni di posizionamento, sottoposta a test, che fosse ridondante con i contenuti di programma su lavoro e sanità. Lavoro e sanità. Lavoro e sanità. Allineandoci al percepito diffuso dell’arrivo di un autunno difficile;
  2. uno spot didascalico di meno di un minuto da far correre su più piattaforme che facesse sentire la voce, mostrasse il volto e rinnovasse il messaggio della presa in carico di un amministratore preparato, di grande esperienza e umanità come Eugenio. La scelta delle parole era basata su elementi ricorrenti dei commenti Facebook ricevuti nel corso della campagna, poi ricollocati all’interno di una griglia semantica e ricomposti nella durata di un messaggio audiovisivo che facesse superare al viewer la soglia dei primi tre secondi;
  3. una batteria di messaggi di Get Out The Vote che non (ripetiamo, non) richiamassero in alcun modo il pericolo del rovesciamento politico regionale come fattore di mobilitazione al voto.

Il fatto che la paura fosse ormai diventata uno dei tanti fattori che componevano la scelta del voto era innegabile. Altra cosa sarebbe stata legittimare quel percepito, ingiustificato, di debolezza attraverso il candidato.
Come si era fatto avanti Barack Obama, e non Biden, a parlare strumentalmente di una very tight race, giustificata però dal potenziale accessibile in diversi Stati, così in Toscana, dove questa necessità invece non era evidente, a essere attivate dalla contendibilità erano la dirigenza diffusa e la base, mobilitate dal racconto dei media.

I sondaggi raccontano la verità, se sono ben fatti

10. I sondaggi raccontano la verità, se sono ben fatti

Bisogna essere molto diretti. L’unica ricerca che abbiamo avuto l’opportunità di elaborare a nostra volta, a due settimane dal voto, registrava un buon vantaggio di Giani.
Questo risultato tornava a noi di Momentum come, a monte, all’istituto di ricerca che ne ha, con cortesia e sportività, condiviso i tabulati perché potessimo a nostra volta procedere a una disamina in parallelo a quella condotta efficacemente da loro.
L’elaborazione di entrambe le aziende portava a un vantaggio di Giani pari a circa 4 punti, a fronte di un margine di errore basso (+/- 2%) in virtù della scelta saggia di operare con un campione robusto (2.500 casi).
Questo, mentre altri player italiani e americani parlavano di un sorpasso di Ceccardi e di una probabilità di successo dell’attuale governatore inferiore al 50%.

Il fatto è che produrre ricerche con campioni modesti al solo scopo di saziare l’ansietà dei clienti sulle intenzioni di voto senza poterli guidare verso riflessioni più approfondite equivale a lavorare male e ad alimentare, come da decenni a questa parte, il mito che sostiene la consulenza politica dei guru elettorali.
Un mito che andrebbe invece ridiscusso con onestà, per mettere finalmente una distanza tra la scienza della comunicazione politica e la bambolina voodoo.

Contatti

Trasformiamo la comunicazione in un processo evoluto fondato sui dati, l’uso avanzato di strumenti digitali e tradizionali, una qualità strategica e visiva senza paragoni.
Quali sono i tuoi obiettivi e in che modo ti possiamo aiutare?